“Il silenzio del mare” di Vercors
- Titolo: Il silenzio del mare
- Autore: Vercors
- Pubblicazione: 2006
- Genere: Narrativa
- Casa Editrice: Einaudi
- Dettagli: 51 pagine
Buon pomeriggio lettori, oggi vi parlo di questo racconto o romanzo breve scritto nel 1942 da Jean Bruller, autore che prima di dedicarsi alla scrittura, aveva fatto l’ingegnere e il disegnatore satirico. Quando nel 1940 i tedeschi invasero la Francia, gran parte degli scrittori francesi scelsero il silenzio come forma di protesta. Più tardi Bruller, decise di fondare una casa editrice totalmente clandestina, l’ Éditions de Minuit, che potesse essere a servizio della resistenza. Il primo racconto pubblicato da questa casa editrice fu per l’appunto “Il silenzio del Mare” che si diffuse clandestinamente in maniera massiva, arrivando persino tra le mani di Charles de Gaulle che lo fece diffondere tra le truppe in Inghilterra allo scopo di motivarle. Bruller scrisse questo racconto, usando lo pseudonimo Vercos. La scelta di questo nome non è casuale, in quanto si rifà al massiccio del Vercors oltre il quale trovavano rifugio i maquisards e cioè gli uomini della resistenza armata. Per lui quel nome significava libertà.
Trama
La Francia era stata invasa e occupata dai tedeschi. Era consuetudine a quel tempo che gli ufficiali imponessero la loro presenza nelle dimore dei residenti ai quali ovviamente non veniva richiesto di essere necessariamente d’accordo. Fu così che una sera di novembre, un vecchio signore e sua nipote, si videro piombare in casa un ufficiale tedesco di nome Werner von Ebrennac che loro malgrado, avrebbe alloggiato nella loro casa. Era un uomo alto, di bell’aspetto e di buone maniere. Il suo saluto, il suo presentarsi, il suo rassicurarli ebbe come risposta solo il silenzio e l’indifferenza. Per più di un mese, nonostante l’uomo e la nipote non gli rivolgessero la parola, von Ebrennac non smise mai di rivolgere loro un saluto e qualche frase di circostanza, sia quando usciva la mattina, sia quando rientrava. Una sera quelle abitudini mutarono bruscamente, aveva nevicato molto e non lo sentirono arrivare, quando gli apparve davanti non indossava l’uniforme ma vestiva in borghese. Contrariamente a quello che accadeva di solito, non si limitò a salutare ma si mise comodo davanti alla stufa e iniziò a parlare, nonostante la donna continuasse a lavorare a maglia senza degnarlo di uno sguardo mentre l’anziano continuò a fumare sprofondato nella sua poltrona. L’ufficiale prese a raccontare del suo amore per la Francia. Raccontò di essere un compositore e di sentirsi quindi strano nei panni del guerriero. Spiegò il suo punto di vista sulla guerra e sul fatto che credeva avrebbe portato molte cose buone sia per la Francia che per la Germania. Da quella sera in poi, ogni volta che intendeva trattenersi con loro, si presentava in borghese ed iniziava il suo monologo, senza aspettarsi alcun intervento da parte loro. Più passavano i giorni e più mostrava interesse per la sua coinquilina. Un giorno, in primavera, l’ufficiale approfittò del suo turno di licenza per andare a Parigi ed incontrare così i suoi amici. Al suo ritorno, non lo videro per più di una settimana e aspettarono molto di più prima di avere di nuovo un contatto con lui e quando finalmente successe, tutto cambiò.
Impressioni Personali
Questo racconto apparentemente semplice reca in sé una forza espressiva e una tensione emotiva eccezionali. Il silenzio, come valore, come forma di protesta, di resistenza ma anche di difesa o di attacco. Era tutto ciò a cui potevano aggrapparsi i francesi subito dopo l’occupazione. Ma il silenzio, non era accettazione passiva, tutt’altro.
Al di là della voce narrante, rappresentata dall’anziano, ci sono altri due personaggi che si contendono la scena: la nipote che innalza il silenzio a vessillo della sua personale resistenza e l’ufficiale tedesco che cerca invece attraverso il suo lungo monologo di conquistare anziché soggiogare.
“Sono contento d’aver trovato qui un vecchio dignitoso. E una signorina silenziosa. Bisognerà vincere questo silenzio. Bisognerà vincere il silenzio della Francia. La cosa mi attrae.”
Vercors ci dà un punto di vista differente. Ci regala un’immagine
dell’ufficiale tedesco, diversa, con un’umanità che probabilmente va oltre ciò
che ci si aspetterebbe dal suo ruolo. È intelligente, è colto, è un compositore,
ama la musica e le arti in genere e si
sente a disagio nei panni del militare. Ha un animo da sognatore e nel suo
immaginario, lui è nella sua amata Francia per costruire, non per distruggere:
“E ci siamo fatti la guerra! — disse lentamente, crollando il capo. Tornò al camino e i suoi occhi sorridenti si posarono sul profilo di mia nipote. — Ma questa è l’ultima! Non ci batteremo più: ci sposeremo!”
Era convinto che quella guerra avrebbe portato ad una unione proficua per i due stati, nel rispetto delle proprie identità. E proprio il rispetto era uno dei tratti salienti della sua personalità. Rispetto per l’indifferenza e il silenzio che le due persone presenti in quella casa continuavano ostinatamente a offrirgli, eppure, col tempo questo suo modo di essere aveva iniziato a fare breccia in quel muro di silenzio, generando sentimenti contrastanti tanto nell'anziano, quanto nella nipote:
“io lo ammiravo. Sì: perché non si perdeva mai di coraggio. E perché mai fu tentato a scuotere quell’implacabile silenzio con qualche violenza di linguaggio… Al contrario, quando a volte lasciava quel silenzio pervadere la stanza fin nel fondo degli angoli come un gas greve ed irrespirabile, pareva essere proprio quello di noi tre che più vi si trovava a suo agio.
E io sentivo l’anima di mia nipote dibattersi in quella prigione che s’era costruita ella stessa, lo vedevo da tanti segni, il più lieve dei quali era un tenue tremito delle dita. E quando Werner von Ebrennac dissipava alfine quel silenzio, dolcemente e senz’urti, col filtro della sua voce ronzante, pareva mi permettesse di respirare più liberamente.”
Fin quando, non fece l’amara scoperta che il governo tedesco, aveva tutta l’intenzione di distruggere la Francia
“ci si presenta l’occasione di distruggere la Francia, e la distruggeremo. Non soltanto la sua potenza: anche la sua anima. Soprattutto la sua anima. La sua anima è il pericolo più grande. E questo il nostro lavoro in questo momento: non vi fate illusioni, mio caro!”
A quel punto
sentendosi al tempo stesso tradito e traditore per avere offerto delle speranze
che non erano reali, decise di andare via. La lotta tra quelle tre persone
sembrava essersi conclusa senza vincitori né vinti e invece nel momento in cui
von Ebrennac disse addio guardando la ragazza, lei per la prima volta ricambiò
il suo sguardo
“Le sue pupille parevano ormeggiate a quelle della ragazza, come, nella corrente, la barca all’anello della riva, con un filo così teso, così inflessibile, che nessuno avrebbe osato passare un dito fra i loro occhi.”
E per la prima volta, gli rivolse la parola dicendo: “Addio” . Un’unica parola carica del tormento interiore celato dietro il silenzio, per un sentimento che probabilmente non era giusto provare, ma che malgrado tutto, forse, era nato lo stesso.
Il titolo del racconto è probabilmente la descrizione di tutto ciò:
“Certo, al disotto dei silenzi passati — come, sotto la calma superficie delle acque, la lotta degli animali nel mare —, sentivo sì pullulare la vita sottomarina dei sentimenti nascosti, dei desideri e dei pensieri che si negano e si combattono”.
Semplicemente meraviglioso, ve lo consiglio assolutamente.
Buona lettura!
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