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Arthur Rimbaud - Il giro del mondo in 80 poesie - Francia

Il giro del mondo in 80 poesie   #36 : Francia Sensazione Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri, punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera: trasognato sentirò la sua frescura sotto i piedi e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo. Io non parlerò, non penserò più a nulla: ma l’amore infinito mi salirà nell’anima, e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro, nella Natura, – lieto come con una donna. ∞ Arthur Rimbaud

Piccole incursioni tra i classici: “Le notti bianche” di Fëdor Dostoevskij




















  • Titolo: Le notti bianche
  • Autore: Fëdor Dostoevskij
  • Pubblicazione: Gennaio 2003
  • Genere: Narrativa/Classici
  • Casa Editrice: Mondadori
  • Dettagli: 105 pagine

Buon pomeriggio lettori, rieccoci con un’altra piccola incursione tra i classici.  Ho scelto di proporvi  “Le notti bianche” di Fëdor Dostoevskij, un piccolo capolavoro della letteratura ottocentesca. Un romanzo senza tempo, capace di tenere incollato il lettore dalla prima all'ultima pagina. Lo stile narrativo è semplice e leggero, impregnato ancora di romanticismo. È un racconto che Dostoevskij scrive da giovane, quando la sua visione del mondo, non era ancora stata influenzata dal degrado sociale e dal suo drammatico vissuto personale, elementi che condizioneranno, invece, le opere future, quelle della maturità.      La narrazione viene suddivisa su un arco temporale della durata di quattro notti e un mattino. Siamo nel mese di maggio, e a Pietroburgo, si verifica un evento unico e particolare in questo periodo dell’anno, il sole tramonta ben oltre le 22:30 ma il riverbero del crepuscolo si prolunga oltre il tramonto del sole che sorge di nuovo verso le 3:00 del mattino, di fatto quindi, non è mai completamente buio. Per la particolare colorazione del cielo, queste notti vengono definite bianche e in quest’atmosfera surreale  e suggestiva, sogno e realtà sembrano magicamente mescolarsi. È come se attraverso una metafora lui ci dice che la luce che rischiara la notte è la realtà che ci desta dal sogno in cui tutto è più facile e irrealisticamente bello.

Lungo tutta la narrazione, il racconto, poggia su quattro pilastri fondamentali: il sogno, la solitudine, l’amore, il tempo.


PRIMA NOTTE

La voce narrante di questa storia ne è anche il protagonista. Inizia parlando in prima persona ed è probabilmente di se stesso che racconta rivolgendosi al lettore. Emerge subito il carattere romantico di questo racconto, egli pone subito l’accento sulla sua visione del mondo e della vita, quando guarda il cielo stellato e si meraviglia di come sotto un cielo così, possa esistere gente cattiva, irascibile e irosa come la definisce lui, salvo sottolineare subito dopo, l’ingenuità di quella considerazione, ingenuità tipica dell’età giovanile. Successivamente ci parla della sua permanenza a Pietroburgo e di come si sentisse confortato dalla popolosità della città, benché in otto anni, non avesse quasi fatto conoscenza con nessuno.  È proprio in questo frangente che emerge il tratto della solitudine, perché un sognatore è per forza di cose un essere solitario, specie quando dovrebbe confrontarsi con una società borghese che rifugge l’autenticità dei valori, per nutrirsi di semplice apparenza. Quando però la città si spopola, perché la maggior parte degli abitanti se ne va in campagna a causa della stagione estiva che sta per arrivare, in lui aumenta questo senso di solitudine, di sconforto, che lo porta a vagare senza meta per la città per tre giorni. Aveva quasi nostalgia di quei volti, di quelle espressioni che aveva imparato a conoscere così bene solo osservandoli senza entrarci mai veramente in contatto. Essere ad un passo dal fare un cenno di saluto era la cosa più vicina al rapporto umano che avesse sperimentato.

Anche le case come i volti, gli erano così familiari da considerarle quasi delle intime amiche. Nel vagare per la città era tormentato da quella sensazione di agitazione cui non riusciva a dare un significato ed anche a casa sua, le cose non miglioravano. Una mattina finalmente capì la ragione del suo malessere, tutti lo stavano abbandonando per trasferirsi in campagna. La città si stava spopolando e lui non aveva nessuna ragione per trasferirsi perché nessuno lo aveva invitato. Per quei volti così familiari che considerava amici, lui era solo un estraneo. La notte che seguì, fu senz’altro migliore del giorno. Mentre tornava a casa, il nostro narratore di cui non sarà dato di conoscere il nome, dall’altro lato della strada, lungo il canale, notò una donna appoggiata alla ringhiera che fissava l’acqua torbida. E qui, la solitudine e la conseguente malinconia, per la prima volta vengono contrapposte all’incontro, quello vero, tangibile, fatto non solo di sguardi fugaci. 

Si accorse che piangeva sommessamente, avrebbe voluto dirle qualcosa ma non lo fece, la ragazza accorgendosene, attraversò la strada, andando sull’altro marciapiede, ma a un certo punto, un uomo dall’andatura barcollante, le iniziò ad andare dietro, lei affrettò il passo ma questi la raggiunse ugualmente. La ragazza spaventata urlò e il nostro protagonista accorse in suo aiuto. L’uomo si fermò e loro si allontanarono. In quel frangente, si fece coraggio e le porse il braccio. Fu una benedizione quel che era successo. Iniziarono a conversare e subito lui, le palesò la sua estrema timidezza e goffaggine nel rapportarsi con le donne, del suo avere incontrato mille volte nei sogni, un ideale di donna e averci creato intorno, interi romanzi senza avere avuto mai il coraggio di farlo nella realtà. Quella sera, i due, si lasciarono dandosi appuntamento per l’indomani ma a una condizione posta dalla ragazza: lui non si doveva innamorare, perché tutto ciò che lei poteva offrirgli era la sua amicizia ma non il suo cuore. Era proprio sulla base di questa nascente amicizia che avevano deciso di confidarsi l’un l’altro i tormenti del loro cuore.


SECONDA NOTTE

La seconda notte s’incontrarono e la ragazza insistette con un certo ardore a voler sapere dal nostro protagonista, che tipo di persona fosse. Allora lui, dopo essersi fatto rivelare il suo nome che ancora non conosceva, le confidò di essere un sognatore, da lui stesso definito una specie di essere neutro, che si rintana in un angolino di realtà assolutamente differente da quella che lo circonda, come fosse una tartaruga. Dopo essersi messo a nudo, senza trattenere nulla, come un fiume in piena, si aspettava che Nasten’ka si mettesse a ridere e invece lei tacque turbata.

Le confidò di sentirsi veramente vivo da quando l’ha incontrata e che nessun sogno poteva essere paragonato a quella realtà, e ancora che, forse, le era stata mandata da destino. Lei commossa dal suo sincero racconto gli promise che non si sarebbero lasciati più. Anche lei era adesso pronta a raccontargli la sua storia, voleva che lui la consigliasse.

Qui entra in gioco una variabile inaspettata, quella dell’amore. Un amore non solo fisico, fatto di pulsioni, ma anche e soprattutto di compassione. L’amore come incontro tra il sogno e la realtà, unico elemento in grado di conciliare le due dimensioni della vita e di rendere l’una simile all’altra.


LA STORIA DI NASTEN’KA

Nasten’ka era orfana. Viveva con la nonna, la quale, nel momento in cui  si accorse di stare perdendo la vista, per poterla sorvegliare, legò il suo abito a quello della nipote con uno spillo in modo da tenerla sempre vicino a sé. Un giorno, nel mezzanino posto in alto della sua casa, si trasferì un nuovo inquilino. Un uomo giovane e di bell’aspetto che turbò la tranquillità della nonna. Dopo un episodio imbarazzante, il giovane non si fece più vedere, fino a quando due settimane dopo non recapitò alla ragazza un messaggio affidandolo alla domestica. Nel messaggio diceva che aveva dei libri francesi e che con il permesso della nonna, glieli avrebbe mandati per leggerli e così fu. Erano tutti libri di Walter Scott. La nonna era preoccupata che Nasten’ka ci potesse trovare dentro qualche lettera d’amore. Finiti quei romanzi, il giovane le fece avere quelli di Puskin. S’incontrarono per caso sulle scale ed entrambi arrossirono riuscendo a scambiare solo qualche parola sui libri ma tutto finì lì. Al secondo incontro, dopo una settimana, la invitò a teatro, ma dopo il suggerimento di andarci di nascosto dalla nonna e il suo rifiuto, lui andò via senza aggiungere altro. Quello stesso giorno, dopo pranzo, il giovane andò a trovare la nonna e si trattenne con lei a lungo a chiacchierare e poi con molta naturalezza invitò anche lei ad andare a vedere il Barbiere di Siviglia e così ci andarono tutti e tre insieme. Dopo quella sera, l’inquilino non andò più a trovarle. Ci passava solo una volta al mese per invitarle a teatro e quando la stagione finì, non si fece più vedere. Nasten’ka si era convinta che l’interesse di quel giovanotto era dettato solo dalla compassione e al pensiero di ciò, per poco non si ammalò. Un giorno di maggio andò a trovarle e comunico loro che i suoi affari a Pietroburgo erano finiti e che doveva rientrare a Mosca. La ragazza ci rimase malissimo. La sera prima che il giovane partisse, lei fece fagotto e di nascosto dalla nonna lo raggiunse. Quando lui la vide, dopo lo spavento iniziale, avendo intuito i suoi sentimenti, le fece capire che non avrebbe potuto sposarla dal momento che non aveva ancora un impiego decente e quando lei gli confidò che non avrebbe potuto più vivere senza di lui, le promise che quando la sua situazione sarebbe stata idonea al matrimonio sarebbe sicuramente stata lei la sua sposa. Doveva partire, però, per un anno e un giorno sarebbe ritornato e se lei fosse stata ancora disponibile avrebbero ufficializzato il loro rapporto. Il dilemma che affliggeva Nasten’ka e per il quale aveva chiesto consiglio al nostro narratore riguardava il fatto che il giovane, dopo un anno preciso era ritornato da ben tre giorni, ma non si era ancora fatto vivo con lei. Il suo nuovo amico le consigliò di scrivergli una lettera che lui stesso avrebbe consegnato aspettando la risposta. Quella lettera in realtà, Nasten’ka l’aveva già scritta da tempo.

Qui emerge la dimensione del tempo. Tutto il racconto si forma sull’attesa: il nostro narratore che aspetta Nasten’ka e lei che aspetta il suo amato.


TERZA NOTTE

Durante la loro terza notte bianca, aspettavano la risposta alla lettera recapitata. La risposta doveva essere l’incontro con la persona amata dalla ragazza. Costui non si presentò e Nasten’ka non fece altro che civettare con il nostro narratore, illudendolo e prendendosi quasi gioco di lui che invece già l’amava disperando di essere ricambiato. Il suo cuore soffrì ancora di più quando lei innocentemente gli disse:


“Sapete che cosa mi è venuto in mente adesso? Ho fatto un confronto tra voi due. 
Perché lui e non voi? Perché lui non è come voi? Egli è peggio di voi, eppure io l'amo di più".


QUARTA NOTTE

Nella quarta notte Nasten’ka e il nostro narratore si ritrovarono al solito posto, lei speranzosa che lui gli portasse notizie circa il suo innamorato, notizie che non arrivarono. Al pensiero che neanche la quarta notte lui si presentasse, Nasten’ka cadde nello sconforto più assoluto. Il giovane cercò inizialmente di consolarla ma poi non potendo sostenere più la situazione decise di confessarle i suoi sentimenti senza alcuna esitazione. Nasten’ka ne fu lusingata, a tal punto che per un attimo si convinse che non valeva la pena perdere il tempo e la salute per qualcuno che si era dimenticato di lei, così iniziò avventatamente a dare false speranze al povero narratore, promettendogli che con il tempo l’avrebbe amato, e che il suo amore l’avrebbe guarita da quel sentimento a senso unico che l’aveva solo fatta soffrire, arrivando addirittura a progettare un futuro insieme. Sul più bello, però, quel giovane tanto aspettato si presentò all’appuntamento e il cuore tanto volubile della giovane ragazza le fece cambiare di nuovo direzione, con una velocità tale da lasciare interdetto il nostro narratore. In un attimo si era dimenticata di tutto quello che si erano promessi per andare incontro al suo amato.

Ancora il tempo come elemento fondante del racconto, l’azione sembra essere conclusa, Nasten’ka rinuncia all’attesa e si avvicina al narratore. L’amore sembra trionfare, il sogno sembra fondersi con la realtà cancellando la solitudine e la malinconia. Il lieto fine sembra essere compiuto e in un attimo tutto cambia, sul finale la storia si stravolge.


Il MATTINO


Il mattino seguente la quarta notte, il nostro protagonista ricevette una lettera da Nasten’ka con la quale chiede perdono e ringrazia, comunicandogli la notizia che si sposerà la settimana successiva.

Alla notte segue il mattino, la luce del giorno si porta via la magia della dimensione onirica, precipitandoci in una realtà a volte dolorosa, dove non siamo più noi a scrivere il romanzo della nostra vita ma che in ogni caso è in grado di regalarci emozioni vere autentiche che vale la pena di vivere.

“Sii benedetta per quell'attimo di beatitudine e di felicità che hai donato a un altro cuore, solo, riconoscente! Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! È forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?”


Buona lettura!

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