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Arthur Rimbaud - Il giro del mondo in 80 poesie - Francia

Il giro del mondo in 80 poesie   #36 : Francia Sensazione Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri, punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera: trasognato sentirò la sua frescura sotto i piedi e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo. Io non parlerò, non penserò più a nulla: ma l’amore infinito mi salirà nell’anima, e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro, nella Natura, – lieto come con una donna. ∞ Arthur Rimbaud

Recensione - La luna è tramontata di John Steinbeck

“La luna è tramontata” di John Steinbeck












  • Titolo: La luna è tramontata
  • Autore: John Steinbeck
  • Pubblicazione: ottobre 2016
  • Genere: Narrativa
  • Casa Editrice: Bompiani
  • Dettagli: 159 pagine

Buon pomeriggio lettori, il libro di cui voglio parlarvi oggi è stato scritto nel 1942 e rappresenta un altro esempio di come la letteratura, nel periodo bellico, sia stata utilizzata come strumento utile a lanciare un messaggio, a incoraggiare e incitare alla resistenza e alla ribellione verso il nemico invasore, ma anche a trasmettere l’importanza degli ideali di libertà e democrazia nei popoli oppressi. “La luna è tramontata” è un romanzo di John Steinbeck che merita assolutamente di essere gustato pagina per pagina perché è molto più complesso di quanto in realtà appare.


TRAMA

Il racconto inizia con un’immagine e un riferimento temporale ben preciso:


“Alle dieci e quarantacinque tutto era finito. La città era occupata, i difensori abbattuti e la guerra finita.”

I tedeschi invasori, arrivano in una località non meglio precisata, probabilmente in Norvegia. Siamo in piena guerra e loro che avevano già occupato mezzo mondo, si prendono ciò di cui hanno bisogno nei territori stessi che occupano. In questo caso, avevano bisogno di carbone ma anche di un porto che gli consentisse poi di trasportarlo. Il paesino che avevano occupato era l’ideale, la sua economia si basava, infatti, sull’estrazione del carbone ed in più si affacciava sul mare, così con la complicità di un residente collaborazionista, il signor Corell, riuscirono a penetrare e occupare la città, peraltro, con un minimo spargimento di sangue. Quando tutto fu compiuto, il sindaco della città, Orden, ricevette nella sua villetta, il colonnello Lanser che guidava gli invasori. Il dottor Winter , medico della città, era insieme a loro. Prima dell’arrivo del colonnello fu il capitano Bentick a presentarsi per il sopralluogo del posto, come richiedeva il regolamento militare, per accertarsi che non ci fossero armi. Quando Lanser propose al sindaco e al dottore il suo progetto di accordo, questi ultimi si accorsero di non avere molta scelta circa i suoi termini. Ai tedeschi serviva il carbone e se lo sarebbero preso, ma bisognava estrarlo e caricarlo sulle navi e per questo avrebbero usato la popolazione locale. I minatori da operai sarebbero diventati schiavi. Per evitare problemi di ordine pubblico, avrebbero lasciato in carica il governo locale che a tutti gli effetti sarebbe diventato un governo fantoccio e per ben rimarcare il nuovo status quo, il colonnello volle soggiornare con tutto il suo comando, presso la villa del sindaco, senza che lui avesse la minima possibilità di opporsi. Cinque in tutto, erano gli ufficiali che si stabilirono in casa del sindaco, oltre al colonnello Lanser: il maggiore Hunter, un ingegnere incaricato della costruzione di una linea ferroviaria per il trasporto via terra del carbone; il capitano Bentick; il capitano Loft e infine, i sottotenenti Prackle e Tonder.

Un giorno, un minatore uccise Bentick, per rivendicare la sua condizione di uomo libero. Alessandro Morden, questo era il nome del minatore, anziché essere fucilato immediatamente, vista l’evidenza delle prove, venne sottoposto a processo presso la residenza del sindaco, con lo scopo di far vedere al popolo che sebbene occupanti, i tedeschi agivano secondo giustizia e in più, avrebbero lasciato al governo locale e quindi al sindaco Orden, l’onere di processarlo e giustiziarlo. Il sindaco, si rifiutò di prestarsi a quell’imbroglio e anzi elogiò Morden per il suo coraggio, per avere preso posizione, perché la sua rivolta personale, sarebbe stata il principio della rivolta collettiva. In effetti, fu così, la morte dell’uomo scosse la coscienza collettiva. La gente da benevola e pacifica, iniziò a diventare ostile e arrabbiata. Gli invasori vennero assediati, isolati, circondati da un nemico silenzioso per cui non potevano permettersi nemmeno un attimo di distrazione, l’avrebbero pagato con la vita. La paura iniziò a serpeggiare tra gli uomini. Per uno strano scherzo del destino, il sottotenente Tonder, colui che guidò il plotone di esecuzione di Alessandro Morden, si infatuò della moglie di quest’ultimo, Mariuccia, senza sapere chi fosse e per mano sua morì.

La situazione arrivò ad una svolta quando il sindaco, attraverso due giovani, mandò un messaggio in Inghilterra, per metterli a conoscenza della loro situazione e per farsi mandare aiuti nella forma di esplosivi, granate, veleno, armi che potevano essere facilmente usate e nascoste. Gli inglesi inviarono dinamite commerciale sapientemente confezionata in pacchetti azzurri, facilmente visibili sulla neve dopo essere stati paracadutati. Questi pacchetti, contenevano anche della cioccolata e un foglio con le istruzioni su come e dove utilizzare l’esplosivo. Quando il piano di ribellione e resistenza, iniziò ad attuarsi, i tedeschi cercarono di prendere delle contromisure, così su impulso di Corell, scampato miracolosamente ad un agguato, Lanser fu costretto, suo malgrado, ad arrestare il sindaco Orden, ritenuto la mente organizzatrice della rivolta ed in seguito a giustiziarlo.


IMPRESSIONI PERSONALI

Questo romanzo, si legge molto velocemente, vuoi per la rapidità con cui vengono presentati i fatti, vuoi per la semplicità del linguaggio. La narrazione scorre in modo molto lineare eppure è un testo carico di tensione per la tematica che affronta: un popolo lontano dalle logiche della guerra che riesce ad alzare la testa davanti all’invasore e combattere con il proprio orgoglio e la propria dignità come uniche armi.


“Gli uomini liberi non possono scatenare una guerra, ma una volta che questa sia cominciata possono continuare a combattere nella sconfitta. Gli uomini-gregge, seguaci di un capo, non possono farlo, ed ecco perché sono sempre gli uomini-gregge che vincono le battaglie e gli uomini liberi che vincono le guerre. Vi accorgerete che è così, signore.”

Quello che più mi ha incuriosito, in un primo momento, è stata la scelta di questo titolo particolare. Cosa sta a significare la luna è tramontata? In realtà, sembra ci siano diversi possibili riferimenti. C’è chi pensa sia stato tratto da una breve lirica di Saffo, in cui la perdita di un amore, viene paragonato ad una notte senza più luce, dove persino la luna è tramontata lasciando solo il buio del dolore e della solitudine. Steinbeck potrebbe aver fatto un parallelismo con la perdita della libertà a causa dell’occupazione e oppressione dell’invasore, che porta ad un periodo buio in cui la luce degli ideali di libertà e democrazia viene spenta. C’è poi chi sostiene che titolo possa essere stato tratto invece dal secondo atto del Macbeth, dramma nel quale la mancanza di una discendenza instaura una lotta per la corona e quindi per il potere, con forze esterne e quindi la “lunga notte che non trova mai giorno” è questa condizione di incertezza, questo pericolo continuo di assedio, generata dalla rottura della continuità dinastica per cui si configura un presente che non ha futuro, ma prima o poi, ad un’altra rilettura, la notte deve cedere il passo al mattino e quando la luna tramonta necessariamente è il sole che deve sorgere. La speranza, quindi, non deve mai abbandonare l’animo umano perché nessuna notte per quanto lunga può impedire al sole di sorgere, ed è quello che accade in questo romanzo.

L’intera vicenda si basa su un sapiente gioco di contrapposizioni:

in primo luogo, una popolazione che vive in pace da molto tempo che non sa più cosa sia la guerra, tanto da essere colta da confusione, senza sapere bene come comportarsi quando l’invasore arriva. Soldati che al contrario sono avvezzi alla guerra, forgiati dalla stessa, che probabilmente non sanno fare altro.

In secondo luogo, un paese tranquillo, democratico, amministrato da un sindaco eletto dal popolo, che ha un’economia stabile basata sulle miniere di carbone a cui si contrappone un popolo che non è abituato ad avere un pensiero proprio ma che obbedisce ciecamente agli  ordini di un capo supremo, anche se non è d’accordo.

In terzo luogo, la contrapposizione tra oppressori e oppressi, tra chi occupa in virtù della forza, che ha armi, potere e facoltà di chiedere tributi, che nasconde minacce e coercizione dietro la bugia dell’occupazione non violenta e chi invece con la sola forza del proprio coraggio e della propria dignità, alza la testa e combatte ad armi evidentemente impari, per rivendicare il proprio diritto all’autodeterminazione.

C’è però anche un sottile fil rouge che accomuna queste parti contrapposte; il dolore che la guerra si porta dietro logora tutti, che siano oppressi o oppressori e questo aspetto viene ben delineato nella narrazione anche e soprattutto attraverso l’efficace caratterizzazione dei personaggi.

Sul fronte tedesco, ogni personaggio rappresenta una diversa visione della guerra, Steinbeck si sofferma e ne delinea il lato umano, li racconta come esseri umani complessi, anche loro con i propri sentimenti, i propri sogni, le proprie paure. Lanser, ad esempio, è un veterano della prima guerra mondiale, riconosce la guerra per quello che è: fatta di orrore, brutalità

“sapeva che la guerra è tradimento e odio, pasticci di generali incompetenti, tortura, assassinio, disgusto, stanchezza, finché poi è finita e nulla è mutato, se non che c’è una nuova stanchezza e un nuovo odio. Lanser si diceva ch’era un soldato, un uomo che doveva eseguire gli ordini; e si sforzava di mettere da parte i dolorosi ricordi dell’altra guerra e la certezza che anche questa volta sarebbe stata la stessa cosa.”


Quanto agli altri componenti dello stato maggiore:


“Il maggiore Hunter pensava alla guerra come a un lavoro aritmetico da compiersi, per potersene poi tornare presso il proprio caminetto; il capitano Loft come alla carriera perfetta di un giovanotto perfettamente allevato; e i sottotenenti Prackle e Tonder come a una cosa fantastica, di sogno, in cui nulla era molto reale. E la loro guerra fino a quel momento era stata un gioco: belle armi e piani bene architettati contro nemici disarmati e privi di qualunque piano.”


E poi dall’altro lato, c’è il sindaco Orden, che rappresenta il personaggio di
 punta, protagonista indiscusso dell’intero romanzo, lui che accoglie con benevolenza Lanser al suo arrivo, quasi come  fosse un ospite importante, vestendosi e preparandosi per l’occasione, mostrando con fierezza il suo collare distintivo nel quale si condensa la sua dignità di sindaco, di rappresentante del popolo.

“Era sindaco da tanto tempo ch’era diventato il Simbolo, L’Idea del Sindaco per tutta la città. Anche gli adulti, quando leggevano la parola sindaco stampata o scritta, vedevano il sindaco Orden con gli occhi della mente. Lui e la sua carica formavano una cosa sola. la carica gli aveva conferito dignità ed egli aveva conferito a essa calore.”


Lui non perde mai la sua compostezza, il suo contegno, neanche quando scopre
 a malincuore che il basista degli invasori è uno di loro. Sa quanta fiducia il suo popolo ripone in lui e per questo non lo ha mai tradito. Nemmeno una volta cede alle lusinghe dell’invasore e mai segue le sue indicazioni se questo significa andare contro il suo popolo, tradirlo. Fu così in occasione del processo di Sandro Morden e fu ancora così quando a causa di Corell, venne ritenuto responsabile della nascente ribellione del popolo e per questo arrestato.

“anche nei piccoli uomini ci deve essere una scintilla che a volte può scoppiare in una fiammata. Ho paura, ho una grande paura, e ho pensato a tutto quello che avrei potuto fare per salvarmi la vita, e poi tutto ciò se n’è andato, e ora sento a tratti una specie di esultanza, come se fossi più grande e migliore di quello sono”


La grandezza di quest’uomo, si coglie ancora di più negli ultimi momenti della
 sua vita. Quando sa già quale sarà il suo destino, inizia a recitare l’apologia di Socrate


“Qualcuno dirà: Non ti vergogni, Socrate, del corso di una vita ch’è suscettibile di portarti a una fine prematura? A lui potrò giustamente rispondere: Ti sbagli: un uomo che sia veramente giusto non deve calcolare le probabilità di vivere o di morire; deve solo considerare se quello che fà è giusto o non lo è.”


Ed infine ancora una volta sostiene le sue ragioni davanti al suo leale nemico Lanser:


“Io non ho scelta, capite, signore, fra la vita e la morte, ma… ma posso scegliere come morire. S’io dico loro do non battersi, essi se ne dispiaceranno, ma si batteranno lo stesso. Se dico loro di battersi, ne saranno contenti, e io, che non sono un uomo molto coraggioso, li avrò resi un po’ più coraggiosi. Sorrise con aria di scusa. Capite, è una cosa facile a farsi, dato che la fine per me è sempre la stessa.”


Leggetelo, è un libro veramente molto bello e le idee e i concetti che in esso si
 esprimono, sono senza tempo.

Buona lettura!


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