Il giro del mondo in 80 poesie #36 : Francia Sensazione Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri, punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera: trasognato sentirò la sua frescura sotto i piedi e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo. Io non parlerò, non penserò più a nulla: ma l’amore infinito mi salirà nell’anima, e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro, nella Natura, – lieto come con una donna. ∞ Arthur Rimbaud
Perché scrivo, se non scrivo meglio? Ma
cosa ne sarebbe di me se non scrivessi ciò che riesco a scrivere, per quanto
nello scrivere io sia inferiore a me stesso?
Sono un plebeo dell'aspirazione perché
cerco di realizzare; non oso il silenzio, come chi teme una stanza buia. Sono
come coloro che apprezzano più la medaglia che
la fatica e assaporano la gloria
attraverso la pelliccia di ermellino.
Per me scrivere è disprezzarmi; ma non
posso smettere di scrivere. Scrivere è come la droga che odio e che prendo, il
vizio che disprezzo e in cui vivo.
Ci sono veleni necessari, e ce ne sono
di sottilissimi, composti di ingredienti dell’anima. Erbe colte nei campi delle
rovine dei sogni, papaveri neri trovati vicino
alle tombe, lunghe foglie di alberi
osceni che agitano i rami sulle rive sentite dei fiumi infernali dell'anima.
Sì, scrivere significa perdermi, ma
tutti si perdono, perché tutto è perdita…
Tratto da “Il
libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa
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