“I giorni del ritorno “ di louisa young
- Titolo: I giorni del ritorno
- Autore: Louisa Young
- Pubblicazione: Marzo 2017
- Genere: Narrativa
- Casa Editrice: Garzanti
- Dettagli: 288 pagine
Qualche tempo fa, mio padre portò a casa un
cimelio di famiglia recuperato dalla casa di mio nonno. Si trattava di una
medaglia al valore militare assegnata al mio bisnonno, dall'ordine di Vittorio
Veneto, per avere combattuto nella guerra del 1915-1918.
Gli
eventi delle due grandi guerre sono, per fortuna, così lontani dal nostro
vivere quotidiano che quasi viene difficile persino averne un'idea concreta.


Al di là di quello che si impara sui libri
di storia, è difficile avere una testimonianza diretta di quello che effettivamente
succedeva agli uomini e alle donne in quegli anni, che fossero
in trincea o in costante attesa che qualcuno da lì, vi facesse ritorno. Quando
mi sono ritrovata tra le mani quell'oggetto ho provato un senso di
frustrazione, di tristezza. Ho cercato di immaginare a cosa pensassero,
a quali fossero le loro preoccupazioni, le loro speranze, a come si
muovessero in quell'inferno di morte e devastazione, a cosa provassero, a che
tipo di bagaglio emozionale si portassero dietro quelli che riuscirono a ritornare
vivi. Mi sono chiesta se, nel prosieguo della loro vita, riuscirono a lasciarsi
alle spalle la guerra o se lo spettro di quello che avevano vissuto non li avesse mai abbandonati.
Quando per caso, mi sono imbattuta in
questo libro, più mi inoltravo nella storia, più avevo la sensazione di
trovare in essa un qualche tentativo di risposta alle mie domande. Casualità del tutto singolare...eh si, perché è proprio di questo che racconta il
romanzo, di come si supera o non si supera una guerra.
trama
Il romanzo inizia con un matrimonio.
E' il mese di marzo del 1919. A Londra la guerra è finita. Gli uomini e le
donne, civili o ex militari, cercano di riappropriarsi delle proprie vite.
E' proprio per questo che Riley, capitano
dell'esercito in congedo e Nadine, ex infermiera al fronte, decidono di
cogliere l'attimo e sposarsi senza neanche comunicarlo alle proprie
famiglie.
Nonostante la guerra sia finita, Riley ne
porta i segni evidenti sul suo corpo. Rimasto sfigurato al volto, la
chirurgia ricostruttiva del tempo non ha potuto restituirgli l'aspetto
gradevole di prima e quindi sia durante che dopo la convalescenza ha
dovuto ingaggiare una lotta su due fronti: con se stesso per accettarsi e con
il resto del mondo per superare il pregiudizio.
"E la mia faccia ricorda a
chiunque in ogni momento ciò che ho dato per loro, e che ora loro vogliono
dimenticare. Come tutti quanti...”
Le implicazioni della disabilità di Riley si mostrano in tutta la loro prorompente crudeltà fin dalle prime ore successive
al matrimonio, quando entrambi si scoprono a disagio nell'affrontare
l'intimità del rapporto di coppia per diversi motivi.
Il confronto con le proprie famiglie poi,
che appartenevano a differenti ceti sociali, li mise di fronte ad
interrogativi ancora più grandi sul tipo di vita che avrebbero potuto
condurre e su come la società del tempo li avrebbe messi nella condizione
di ricostruirsi una vita dignitosa.
Riley e Nadine non sono gli unici
protagonisti di questa storia.
Julia e Peter sono una coppia sposata,
hanno un bambino di tre anni, Tom, che fin da piccolissimo è stato
affidato alla nonna e che quindi conosce appena i genitori.
Il rapporto tra Julia e Peter non è
facile ed in tutti gli anni in cui sono stati sposati, per tenerlo legato a sé,
lei ha sempre puntato tutto sulla sua bellezza. La guerra ha messo a dura prova
questo legame e lei, in un eccesso di follia e vanità, ha tentato un gesto
estremo: sottoporre il suo viso ad un trattamento chimico nella convinzione che,
diventando più bella, avrebbe reso felice suo marito ma qualcosa andò storto ed
il suo volto ne uscì deturpato, perdendo qualsiasi tipo di espressione.
Julia era ossessionata dal marito,
dall'idea di essere perfetta per lui ma quando lui fece ritorno dalla
guerra, in realtà l'unica cosa che seppe darle fu la sua indifferenza. Evitava
di guardarla, le rispondeva a monosillabi ma lei non si scomponeva e ci provava
di continuo. Il suo atteggiamento quasi servile lo aveva imparato crescendo,
quando capì che più faceva la carina con gli altri e più gli altri erano
gentili con lei.
Peter, in guerra, era il superiore di
Riley ed era afflitto da un grande senso di colpa. Sentiva di aver fallito sia al
fronte, dove non era riuscito a proteggere i suoi soldati, sia a casa, dove non
era riuscito a proteggere Julia dalla sua inutile e dannosa ossessione,
considerando anche lei una vittima di quella guerra.
Guerra che aveva devastato Peter dal punto
di vista psicologico. Il fatto di essere a capo di una squadra di soldati di
cui lui era l'unico sopravvissuto lo faceva sentire perso. Per soffocare i suoi
dispiaceri si rifugiava nell'alcool, Cercò comunque di riprendere in mano la sua vita
andando a lavorare nell'azienda di famiglia ma dopo averci provato, in qualche
modo, fu gentilmente allontanato dallo zio.
Un tempo amava il suo cane e sua moglie
adesso erano per lui solo fonte di disagio. Quando si avvicinava al corpo di
Julia non poteva fare altro che ricordare i corpi dei suoi compagni morenti
abbarbicati a lui.
L'ultimo personaggio degno di rilievo è
Rose, la cugina di Peter, che la guerra ha reso un'infermiera professionale.
Rose, abita nella stessa casa in cui prima
del matrimonio abitavano Riley e Nadine e dove continuano ad abitare Peter e
Julia. Vi si trasferì per badare al suo paziente Riley, dopo essere stato
dimesso dall'ospedale e dopo che lui e Nadine si sposarono, vi rimase per
prendersi cura di Julia e Peter, entrambi sopraffatti da un estenuante stato
depressivo e del piccolo Tom, abbandonato a se stesso in quella condizione. Quando Peter iniziò a considerare morbose le attenzioni di Rose, rivolgendole
parole infelici, allora lei pensò all'opportunità di liberarsi da quella gabbia
e andare per la sua strada.
Ne ebbe l'occasione quando ricevette una
lettera dalla croce rossa, con cui le offrivano una borsa di studio per
diventare un dottore qualora ne avesse avuto l'aspirazione. Nonostante si sentiva responsabile per quelle persone
che non sapevano più badare a loro stesse e per quel bambino ed estremamente
dispiaciuta per l'uomo che il suo gentilissimo e amorevole cugino era
diventato, aveva deciso che quello che voleva, era vivere finalmente la sua
vita.
IMPressioni personali
Che dire di questo romanzo? Ti entra piano
piano nella pelle. Ti cattura fin dalle prime pagine e non ti lascia più.
Impari a conoscere i personaggi, a comprenderli. Sviluppi una certa empatia con
ognuno di loro. Difficile non sentirsi coinvolti dalle loro vicende.
E' commovente, è drammatico, a tratti
disarmante, è potente, te lo porti dietro per un po', anche dopo averlo finito
di leggere.
Ho particolarmente amato il personaggio di
Riley. Come si fa a non amare quel personaggio? La sua forza, la sua
determinazione, il suo coraggio, è un portatore sano di speranza. Nonostante la
guerra lo avesse oltraggiato nel corpo e ferito nello spirito, ha lottato
strenuamente per riappropriarsi del suo futuro perché, nonostante tutto,
"la vita continua".
L'altra faccia della medaglia è Peter. Lui
ti fa sentire il cuore pesante fino all'ultima pagina del romanzo, con il suo
tormento, la sua disperazione, la sua lucida follia, quel sentirsi in colpa
anche solo per essere vivo e poi Julia. Povera Julia! Lei che non ha nemmeno
visto da vicino la guerra ne è stata ugualmente vittima e Nadine che con la sua
gentilezza, il suo amore ha costruito un porto sicuro per sé, per Rilay e
per tutte le persone che è riuscita a proteggere con la sua generosità.
C'è una frase ad un certo punto del
romanzo che esprime in pieno il senso di questa storia:
"Solo che la guerra non è un inferno, vero? È
peggio. Perché l’inferno è solo per i peccatori, invece la guerra prende tutti,
anche se sono innocenti. E poi alcuni di noi ne escono in modo peggiore di
altri."
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