“Atlante degli abiti smessi” di Elvira Seminara
- Titolo: Atlante degli abiti smessi
- Autore: Elvira Seminara
- Pubblicazione: Ottobre 2015
- Genere: Narrativa
- Casa Editrice: Einaudi
- Dettagli: 184 pagine
Buon pomeriggio lettori,
se siete alla ricerca di un libro un po' fuori dagli schemi, originale, diverso, vi suggerisco di leggere “Atlante degli abiti smessi” di Elvira Seminara. È senza dubbio un libro declinato al femminile, da una donna per le donne (ma non solo), da cui trarre sicuramente molti spunti di riflessione.
Trama
Eleonora è una donna di 45 anni. Eccentrica, indipendente, si definisce “pensatrice praticante senza una vita sociale”. Vive a Firenze, ha un marito ed una figlia, Corinne. Dopo il divorzio dal marito, questi muore in un incidente stradale e la figlia matura un forte rancore verso di lei perché la ritiene quasi responsabile di quanto accaduto e decide di escluderla dalla sua vita. Eleonora parte allora per Parigi, lasciandosi dietro tutta la sua vita, compreso il suo patrimonio più grande: gli armadi stracolmi dei suoi abiti, che decide di lasciare in dote alla figlia.
“Ti
consegno il regno dei miei vestiti. Custodiscili e amali, uno per uno, abbine
cura, insegnamento e gioia senza distinzione di età o di pregio, mi raccomando.
Sii giusta, sii forte.”
È il 1992, non ci sono ancora i cellulari, non c’è internet
e quindi l’unico modo di mettersi in contatto con Corinne è il telefono fisso,
che Eleonora però, nel nuovo condominio di Parigi dove si è trasferita,
affacciato sul parco, non ha. Decide allora di affidarsi allo strumento
epistolare. Le scrive continuamente, parlandole di sé, del rapporto con il
marito, del nuovo ambiente in cui vive, dei suoi vicini alquanto particolari,
con i quali ha faticato un po' a stabilire dei contatti. Ricordi, rimpianti,
speranze … e mentre scrive, contemporaneamente, decide di stilare un preciso e
minuzioso inventario degli abiti che le lascia in dote anche nel tentativo di ricucire
i rapporti con lei.
“Io
completo l’inventario – ci pensavo da anni, è il momento. È un vademecum per
vivere meglio, dentro e fuori di sé. È necessario proteggere i confini, con
cuciture forti, resistenti.”
Impressioni Personali
Quando ho iniziato a leggere questo libro, sulle prime, sono rimasta un po' spiazzata. Mi sono trovata davanti un elenco di vestiti descritti, analizzati, spiegati, categorizzati e poi ad un certo punto, iniziava il racconto e si entrava nel vivo della narrazione.
Pagina dopo pagina, mi sono abbarbicata alle parole preziose di questo libro come l’edera al muro. Questo fiume incontenibile di consigli, raccomandazioni, riflessioni che Eleonora rivolge alla figlia servendosi del suo armadio, dei suoi vestiti, ha un grandissimo valore evocativo. Quell’armadio, in fondo, rappresenta tutto il suo mondo, tutta la sua vita di prima che in un certo qual modo viene sconvolta, non di meno, dallo strappo nel rapporto con la figlia dalla quale si sente rifiutata. Quando il tutto diventa troppo pesante da affrontare lei fugge, lasciandosi tutto dietro e come si sa:
“le fughe non si organizzano, si subiscono e al massimo cerchi di perfezionarle.”
“È
più facile aspettarti qui perché Parigi è una scena che mi ha visto leggera,
dove puoi riavvolgere il nastro o registrarci sopra. E sembra offrire a
chiunque un sacco di vite di scorta.”
Sente però la necessità di lasciare alla figlia tutti i
suoi abiti, ma non come un insieme informe e senza significato, bensì creando un
lungo inventario, in cui ognuno di questi vestiti, acquista dignità, carattere,
valore. Ogni vestito viene presentato con i suoi pregi e i suoi difetti
disegnando in questo modo una mappa di emozioni e di sentimenti, di preziose
lezioni di vita. Man mano che si procede nella lettura ci si accorge di come
l’autrice utilizzi i vestiti come una metafora per dire molto di più. Aprire
l’armadio di una donna è come aprire una finestra sul suo mondo. I vestiti sono
un incredibile mezzo di comunicazione, dicono
molto sulla nostra personalità, sul nostro stato d’animo, perché un vestito
veste le nostre emozioni e noi ci abitiamo dentro sentendoci più o meno a
nostro agio, perché delle volte un vestito può essere anche una maschera che
usiamo per dare una certa immagine di noi che magari non ci corrisponde, ma che
è strumentale all’occasione. Mi viene in mente la tipica frase nella quale mi
rifugio spesso e che penso appartenga un po' a tutte noi:
“non ho niente da mettermi …”
E se lo diciamo davanti a qualcuno che guarda esterrefatto
il nostro armadio strabordante di vestiti, veniamo prese per pazze ma, solo noi,
sappiamo che in realtà in quella frase c’è tutto il disagio di non trovare un
indumento in grado di vestire la nostra emozione del momento di rappresentare
la persona che ci sentiamo di essere in quel momento.
Apriamo l’armadio e ci troviamo dentro : “Vestiti - gabbie, Vestiti liberi e indipendenti, Vestiti elfi, Vestiti del perdono, Vestiti morti e così via …”
Si dice di solito che nello scrivere un romanzo, non è tanto la storia, quanto come viene raccontata che fa la differenza ed è vero, soprattutto con riferimento a questo libro. Il tema della conflittualità tra madre e figlia, l’introspezione, sono argomenti che possono essere comuni a molte storie, ma qui, vengono esposte in un modo così originale da sembrare quasi nuovi.
Insomma, questa opera è un bellissimo esercizio di stile. Una prosa elegante, forbita, curata. Un linguaggio limpido e creativo. Per ogni abito descritto, si trova una bella riflessione, una piccola perla di saggezza. Inutile dire che lo straconsiglio, è una lettura diversa e affascinate e lungo il percorso vi affezionerete sicuramente alla protagonista.
“Avevo fatto un uso imprudente, sconsiderato della felicità. L’avevo usata tutta, persino sprecata, lasciata scorrere quando abbondava, senza frenarla, raccoglierla, filtrarla. E invece mettine un po’ da parte, travasa in piccoli contenitori e chiudili, fai conserve per quando arriva il freddo. Scrivici sopra una parola chiave, data e luogo. Metti i ricordi al riparo, dalla luce e dal calore, dagli insetti. Dalla tua ingordigia, dall’indifferenza. Controlla ogni tanto che siano sempre lí, togli la polvere, dai un’occhiata dentro. Lo spreco – lo capisci dopo – è una funzione della giovinezza.”
Buona lettura!
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