Per non dimenticare...
Un saluto a voi tutti amanti della lettura!
Oggi, ricorre un anniversario pesante per la storia del genere umano. Il 1 Novembre 2005, l’Assemblea delle Nazioni Unite stabilisce con la Risoluzione 60/7 che il 27 Gennaio sia la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell'Olocausto. Cinque anni prima, l’Italia istituiva la Giornata della Memoria con l’art.1 della Legge 20 luglio 2000 n.211 “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Ma perché il Giorno della Memoria ricade il 27 Gennaio?
La data è simbolica, perché fu proprio il 27 gennaio del 1945 che le truppe sovietiche dell’Armata Rossa sfondarono i cancelli di Auschwitz , rivelando finalmente al mondo tutto l’orrore che si celava dietro quei campi di sterminio. Il genocidio nazista fu così portato alla luce, soprattutto grazie alle preziose testimonianze dei sopravvissuti, a partire da quei 7000 che le SS si erano lasciati dietro, perché considerati malati, quando dieci giorni prima si diedero alla fuga per paura dell’esercito sovietico, non prima però di avere fatto saltare in aria i forni crematori. Tra quei 7000 c’era anche Primo Levi che ha fatto della memoria e della testimonianza la sua missione, affinché le generazioni future non dimentichino. Era questo il mantra di coloro che vissero nei lager: non morire, per testimoniare, per far conoscere, affinché cose simili non accadano più. Molti deportati sono riusciti a scrivere lettere, diari, appunti che poi magari sotterravano affinché non venissero scoperti.
“Il bisogno di raccontare agli « altri », di fare gli «altri » partecipi, aveva assunto fra noi, prima della liberazione e dopo, il carattere di un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni elementari”
(Se questo è un uomo)
Ci sono tanti libri che parlano dell’orrore di quel periodo fuori e dentro ai Lager, dal “Diario di Anna Frank” a “Le lettere da Auschwitz di Janusz Pogonowski” solo per citarne due, ma credo che per avere un’idea precisa dal di dentro della barbarie, del calvario quotidiano, della bestialità multiforme di cui i nazisti erano capaci, si debba partire dagli scritti di Primo Levi che non si definisce un testimone, quanto un superstite e spiega anche perché:
“I
sopravvissuti sono una minoranza anomala oltre che esigua, quelli che per loro
prevaricazione, abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo: i salvati, insomma. Chi, il fondo, lo ha toccato davvero, i testimoni integrali, la cui
deposizione avrebbe avuto significato generale, sono scomparsi: i sommersi,
appunto. La regola è quella dei sommersi, quella dei salvati l’eccezione. E ai
salvati spetta, quindi, il compito di raccontare e analizzare, oltre alla loro
esperienza, l’esperienza degli altri, dei sommersi, sebbene sia un discorso in
conto terzi e in chi racconta e analizza per delega non data diventi spesso
persino troppo brutale la consapevolezza che i sommersi, anche se avessero
avuto a disposizione carta e penna, non avrebbero ugualmente testimoniato,
poiché la loro morte era cominciata prima di quella corporale.”
(I sommersi e i salvati)
In “Se questo è un uomo”, Levi racconta la sua esperienza dal momento della cattura, il 13 dicembre 1943, fino alla liberazione da Auschwitz, il 27 gennaio 1945. Parlando quindi del viaggio verso il campo di concentramento, della sua iniziazione, del lavoro e così via.
Fortunatamente non è stato così. Impegniamoci a conoscere e a non dimenticare, per combattere ogni forma di negazionismo.
Buona lettura!
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