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Arthur Rimbaud - Il giro del mondo in 80 poesie - Francia

Il giro del mondo in 80 poesie   #36 : Francia Sensazione Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri, punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera: trasognato sentirò la sua frescura sotto i piedi e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo. Io non parlerò, non penserò più a nulla: ma l’amore infinito mi salirà nell’anima, e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro, nella Natura, – lieto come con una donna. ∞ Arthur Rimbaud

Per non dimenticare: “Se questo è un uomo” e “ I sommersi e i salvati” di Primo Levi

Per non dimenticare...



Un saluto a voi tutti amanti della lettura!

Oggi, ricorre un anniversario pesante per la storia del genere umano. Il 1 Novembre 2005, l’Assemblea delle Nazioni Unite stabilisce con la Risoluzione 60/7 che il 27 Gennaio sia la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell'Olocausto. Cinque anni prima, l’Italia istituiva  la Giornata della Memoria con l’art.1 della  Legge 20 luglio 2000 n.211  “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.


Ma perché il Giorno della Memoria ricade il 27 Gennaio?

La data è simbolica, perché fu proprio il 27 gennaio del 1945 che le truppe sovietiche dell’Armata Rossa sfondarono i cancelli di Auschwitz , rivelando finalmente al mondo tutto l’orrore che si celava dietro quei campi di sterminio. Il genocidio nazista fu così portato alla luce, soprattutto grazie alle preziose testimonianze dei sopravvissuti, a partire da quei 7000 che le SS si erano lasciati dietro, perché considerati malati, quando dieci giorni prima si diedero alla fuga per paura dell’esercito sovietico, non prima però di avere fatto saltare in aria i forni crematori. Tra quei 7000 c’era anche Primo Levi che ha fatto della memoria e della testimonianza la sua missione, affinché le generazioni future non dimentichino. Era questo il mantra di coloro che vissero nei lager: non morire, per testimoniare, per far conoscere, affinché cose simili non accadano più. Molti deportati sono riusciti a scrivere lettere, diari, appunti che poi magari sotterravano affinché non venissero scoperti.

 “Il bisogno di raccontare agli « altri », di fare gli «altri » partecipi, aveva assunto fra noi, prima della liberazione e dopo, il carattere di un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni elementari”

(Se questo è un uomo)

Ci sono tanti libri che parlano dell’orrore di quel periodo fuori e dentro ai Lager, dal “Diario di Anna Frank a “Le lettere da Auschwitz di Janusz Pogonowski” solo per citarne due, ma credo che per avere un’idea precisa dal di dentro della barbarie, del calvario quotidiano, della bestialità multiforme di cui i nazisti erano capaci, si debba partire dagli scritti di Primo Levi che non si definisce un testimone, quanto un superstite e spiega anche perché:


“I sopravvissuti sono una minoranza anomala oltre che esigua, quelli che per 
loro prevaricazione, abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo: i salvati, insomma. Chi, il fondo, lo ha toccato davvero, i testimoni integrali, la cui deposizione avrebbe avuto significato generale, sono scomparsi: i sommersi, appunto. La regola è quella dei sommersi, quella dei salvati l’eccezione. E ai salvati spetta, quindi, il compito di raccontare e analizzare, oltre alla loro esperienza, l’esperienza degli altri, dei sommersi, sebbene sia un discorso in conto terzi e in chi racconta e analizza per delega non data diventi spesso persino troppo brutale la consapevolezza che i sommersi, anche se avessero avuto a disposizione carta e penna, non avrebbero ugualmente testimoniato, poiché la loro morte era cominciata prima di quella corporale.”

(I sommersi e i salvati)


Io mi sento quindi, di proporvi oggi, questi due libri: “ Se questo è un uomo” e “I sommersi e i salvati” che ho riletto in questi giorni, proprio perché è  importante non dimenticare. Rappresentano entrambi un resoconto puntuale e drammatico di quello che era il microcosmo dei lager.

In “Se questo è un uomo”, Levi racconta la sua esperienza dal momento della cattura, il 13 dicembre 1943, fino alla liberazione da Auschwitz, il 27 gennaio 1945. Parlando quindi del viaggio verso il campo di concentramento, della sua iniziazione, del lavoro e così via.

In “I sommersi e i salvati” ci offre invece una lucida analisi delle dinamiche interne al campo, le “zone grigie” il rapporto tra oppressori e oppressi, le difficoltà linguistiche , la violenza come divertimento e così via.

“molti sopravvissuti (tra gli altri, Simon Wiesenthal nelle ultime pagine di Gli assassini sono fra noi, Garzanti, Milano 1970) ricordano che i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri: «In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata, e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla».”

Fortunatamente non è stato così. Impegniamoci a conoscere e a non dimenticare, per combattere ogni forma di negazionismo.

Buona lettura!

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