Il giro del mondo in 80 poesie #36 : Francia Sensazione Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri, punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera: trasognato sentirò la sua frescura sotto i piedi e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo. Io non parlerò, non penserò più a nulla: ma l’amore infinito mi salirà nell’anima, e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro, nella Natura, – lieto come con una donna. ∞ Arthur Rimbaud
Piccole incursioni tra i classici : “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf
- Titolo: Una stanza tutta per sé
- Autore: Virginia Woolf
- Pubblicazione: Giugno 2013
- Genere: Narrativa/Classici
- Casa Editrice: Feltrinelli
- Dettagli: 160 pagine
Buonasera, amanti della lettura!
Colgo l’occasione dell’anniversario della nascita di una
delle mie scrittrici preferite, Virginia Woolf, per inaugurare questa nuova
rubrica
dedicata ai libri senza tempo, i cosiddetti “classici”, che Calvino
definiva così:
“ È classico ciò che tende a relegare l'attualità al
rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno. È
classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l'attualità più incompatibile fa
da padrona.”
Come non essere d’accordo! Spero
di aggiornare spesso questa rubrica con i libri che ho già letto e con quelli
che ho in programma di leggere.
Come da premessa, il primo
classico che voglio riporre in questa piccola biblioteca virtuale è un libro di
Virginia Woolf che di certo tutti conosceranno e si intitola “Una stanza tutta
per sé”.
Non si tratta di un romanzo,
bensì di un saggio scritto in occasione di due conferenze che la Woolf era
stata invitata a tenere presso due università femminili all’interno della
Oxford University nel 1928. L’argomento delle conferenze era il rapporto tra le
donne e il romanzo ed è per dare risposta a questo quesito che inizia nei
giorni precedenti un viaggio tra finzione, realtà, storia e profonde
riflessioni.
Era necessario indagare la vera natura
della donna e la vera natura del romanzo ma ben presto si rese conto che questi
problemi, a suo modo di vedere, sarebbero rimasti insoluti e quindi per fare
ammenda avrebbe spiegato piuttosto, come era arrivata alla conclusione che una
donna per scrivere deve avere almeno cinquecento sterline l’anno e una stanza
tutta per sé.
A questo punto inizia la finzione
che si mescola alla realtà. La Woolf immagina di trovarsi in un posto preciso, Oxbridge,
che nella realtà è invece Oxford e non a caso, dal momento che nell’epoca vittoriana,
esso rappresentava il centro assoluto del potere intellettuale degli uomini. Lascia
poi la possibilità al lettore di identificarla con un nome qualsiasi che fosse Mary
Beton, Mary Seton, Mary Carmichael o altro. In questo modo, lei non fa altro
che spogliarsi della sua identità, per assumere quella della Donna. Perché la
donna, per scrivere, deve dimenticarsi di essere donna, deve uscire dall’etichetta,
per diventare semplicemente un essere umano, un essere pensante.
La società del tempo aveva reso
la donna un essere invisibile, non per la sua mancanza di capacità ma perché le
era stata sempre preclusa la cultura e la vita sociale, cose che fino ad allora
erano state unicamente appannaggio del mondo maschile. Ecco allora che la
Woolf, non fa altro che rivendicare il diritto delle donne ad accedere a quella
cultura ma è più che altro una rivendicazione sociale, a lei interessa che la
donna possa finalmente esprimersi, esprimere un pensiero che sia suo.
Successivamente immagina di
trovarsi in una biblioteca, al British Museum , dove sicuramente tra tutti quei
libri avrebbe trovato una risposta alle sue domande, una delle quali era: perché
le donne sono povere? Davanti a tutti quei volumi, fa una riflessione:
“Avete
idea di quanti libri vengono scritti ogni anno sulle donne? Avete idea di
quanti sono scritti da uomini? Siete consapevoli di essere, forse, l’animale
più discusso dell’universo?”
Man mano che legge si rende conto
che tutto ciò che fino ad allora gli storici
(uomini) avevano scritto sulle
donne, era terrificante e vergognoso e mentre indignata, rifletteva su ciò che
aveva letto, iniziò a scaricare la sua rabbia sul foglio facendo un disegno che
poi si rivelò essere il volto del professor von X, impegnato a scrivere la sua
opera sulla inferiorità mentale, morale e fisica del sesso femminile. Arrivò alla
conclusione che nel tempo, l’uomo ha ingigantito la sua figura considerando
inferiori altre figure, non di meno quella femminile. Se le donne non fossero
inferiori, gli uomini cesserebbero di ingrandirsi.
Parla successivamente, delle
possibilità di lavoro aperte alle donne prima del 1918, arrivando alla
conclusione che senza sussistenza economica non è possibile avere libertà di
pensiero, è l’indipendenza che rende liberi.
Dopo di ciò, inizia una lunga
dissertazione sulle donne nella letteratura, elencando dapprima le donne
protagoniste di opere e poesie di uomini, riflettendo sul fatto che la donna
che esiste in quelle opere sembra avere una grande importanza mentre invece
nella realtà, veniva rinchiusa, vessata, maltrattata.
A questo punto riparte la
finzione e inventa un altro personaggio, Judith, la sorella di Shakespeare che
sogna anche lei di diventare scrittrice, ma viene sbeffeggiata da tutti e si
viene a trovare ad un bivio: diventare scrittrice ed essere considerata folle o
arrendersi al volere del padre e trovare marito, cui consegue gravidanza
forzata e successivo suicidio per non avere avuto la possibilità di vivere la
sua arte. In questo punto, Virginia inizia a definire la storia delle
scrittrici, perché comunque ce ne sono state, addirittura arriva a supporre che
le tante opere e poesie firmate da anonimo fossero in realtà state scritte da
una donna.
Passa in rassegna alcune
scrittrici come Jane Austen, le sorelle Brontë, George Eliot.
Eliot e le sorelle Brontë
vivevano nella brughiera, intesa qui, come la siepe del
Leopardi, rappresentava
il loro distacco dal mondo. Avevano una colpa, quella di aver lasciato che la rabbia
verso il mondo che le aveva escluse, trasparisse dalla loro letteratura, segno inequivocabile che avvertivano ancora questa inferiorità. Jane Austen invece, non
commette questo errore, supera la rabbia, scrive senza odio, senza rancore e si
distacca dalla mentalità del secolo, diventando così libera.
Ecco dove si esprime il concetto di una stanza tutta
per sé che ogni scrittrice deve avere. Essa, non è solo il luogo fisico, bensì
quello dell’anima, in cui la sua identità è chiara e definita e le consente di
trovare il suo posto nel mondo al di là delle divisioni di genere.
Una stanza tutta per sé e
cinquecento sterline l’anno danno la possibilità a una donna di scrivere con una
mentalità “androgina” quindi universale.
Si tende spesso a considerare
questo libro come una sorta di manifesto femminista, in realtà non lo è
affatto, perché trascende il femminismo. Secondo la Woolf, i due sessi devono
essere diversificati ma non contrapposti.
“E mi
misi poi ad abbozzare, da dilettante, uno schema dell’anima in modo che in
ognuno di noi presiedano due forze, una maschile e una femminile, e nel
cervello dell’uomo l’uomo predomina sulla donna, e nel cervello della donna la
donna predomina sull’uomo. La condizione normale e più piacevole è quella in
cui le due forze vivono insieme in armonia, cooperando spiritualmente.
Nell’uomo la parte femminile del cervello deve pure avere la sua influenza; e
anche la donna deve essere in contatto con l’uomo che è in lei.”
Buona lettura!
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